sabato 28 agosto 2010

Hogan’s Alley



Il nostro riflettore si punta oggi su una delle (ahimé, rare) riviste che si occupano di fumetto sindacato.
Si tratta di “Hogan’s Alley”, la cui pubblicazione è iniziata nel 1994 e di cui è appena uscito il numero 17 (la periodicità è, purtroppo, irregolare e, più o meno, annuale).

Rivista in bianco e nero, brossurata, di 144 pagine in formato cm 21x27 e dal prezzo di $6.95, “Hogan’s Alley” ci parla d’Animazione e Fumetto.
Curata da Tom Heintjes, è una rivista dotta, ma senza eccedere in intellettualismi e dovrebbe essere la pubblicazione adatta a quei lettori che, ieri, seguivano “Nemo, the Classic Comics Library” di Rick Marshall (cofondatore anche di HA), o “CARTOONIST PROfiles” di Jud Hurd.

Il sommario del numero 17 ci dà un’ottima idea dei tipici contenuti della rivista.
Troviamo un’intervista di Jim Korkis allo story man Bill Scott (autore, insieme a Jay Ward dei cartoons televisivi di “Rocky and Bullwinkle”), un intervista di Allan Holtz a Stephen Carr sul sito Internet “Newspaper Archive”, un’analisi di Johanna Draper Carlson dell’acquisizione della Marvel da parte della Disney, una “visita fotografica” guidata da Greg Preston negli studi dei cartoonists Jason Shawn Alexander e Bill Wray, un dossier di Rob Stolzer su Gregor Duncan (giovane promettente cartoonist, prematuramente scomparso nella Seconda Guerra Mondiale), un dossier di Ger Appeldoorn su Dwight Parks, il fumettista che sostituì Jack Cole sulla serie BETSY AND ME, una serie di interviste di Tom Heintjes a fumettisti, figli di fumettisti, che proseguono le serie create dai loro genitori, un dossier di Eileen Margerum su THE BROWNIES di Palmer Cox, un dossier di Ed Black su Jimmy “THEY’LL DO IT EVERY TIME” Hatlo, un dossier di Tom Heintjes su “SpongeBob SquarePants” ed altro ancora.

Tutto è riccamente illustrato, ma il sito internet della rivista offre la possibilità di visionare altro materiale iconografico supplementare (e a colori).


Una rivista ricca, varia, imperdibile e il cui unico difetto è che esce troppo poco frequentemente.

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