venerdì 24 dicembre 2010

Buon Natale con gli amici di Polly


Natale è alle porte e la IDW ci offre il volumone che potrebbe essere l’ideale strenna: POLLY AND HER PALS 1913-1927

Si tratta di un enorme cartonato con copertina plastificata, di 176 pagine ben stampate a colori su spessa carta opaca, in formato 30x40 per 75 dollari.

Con un’introduzione di Paul Craig Russell e una dotta (e magnificamente illustrata) prefazione di Jeet Heer su Cliff Sterrett, il libro presenta (a colori e in grande formato) la prima domenicale (28 dicembre 1913) e due pagine scelte per ogni anno dal 1914 al 1923, seguite da una sequenza cronologica integrale, che va dal 30 novembre 1924 al 12 aprile 1925, quando Sterrett si prese un anno sabbatico.
Dopo aver offerto una selezione di 6 tavole realizzate in questo periodo da ghost artists, che si distinguono subito perché stampate su fogli colorati (solo la cornice, ché le tavole sono bianche e perfettamente restaurate), si riparte con quelle di Sterrett, dal 22 novembre 1925 al 25 dicembre 1927.
La copertina del volume è di Lorraine Turner e le tavole presentate sono complete delle rispettive strisce di complemento.

Un secondo volume conterrà le tavole dal 1928 al 1930 (ed è in preparazione anche un volume di strisce giornaliere).


mercoledì 22 dicembre 2010

A volte ritornano



E per fortuna che ritornano!

Mi riferisco al saggio sul grande Benito Jacovitti (“Jacovitti – sessant’anni di Surrealismo a fumetti”), edito da Nicola Pesce Editore.

Questo è, in effetti, una riedizione del saggio (opera degli stessi autori) pubblicato, nell’ormai remoto 1992, dalla Granata Press (“Jacovitti – il cartoonist e il mito in cinquant’anni di Fumetto italiano”).
Tuttavia tra quello e questo, c’è la stessa differenza che si può trovare tra il “Fermo e Lucia” e “I promessi sposi”.
Non perchè gli autori siano andati a sciacquare i panni in Arno (che, essendo tutti toscani, era cosa superflua), ma in quanto ci si trova di fronte ad un lavoro riscritto, aggiornato e ampliato.

Il volume è un cartonato con copertina plastificata (formato cm 20x27), di 352 pagine, ben stampate in bianco e nero (ma abbiamo anche un policromo sedicesimo come inserto) e riccamente illustrate (con l’eccellente grafica di Sebastiano Barcaroli).

Il tomo si apre con una prefazione di Gianni Brunoro e prosegue con un saggio storico-critico, scorrevole e profondo, del rodatissimo trio Luca Boschi-Leonardo Gori-Andrea Sani, che, in sei capitoli, ripercorre la vita e l’opera del maestro termolese dagli esordi agli ultimi lavori. I tre saggisti aggiungono, poi, un capitolo con l’analisi dei rapporti tra Jac e la società in cui visse e due con l’acuta disamina del suo linguaggio grafico e verbale.
Tutto ciò è seguito da una lunga intervista al cartoonist e si chiude con tre appendici bibliografiche (curate da Franco Bellacci), che raccolgono tutte le sue opere (a fumetti o meno).

Un libro imprescindibile su uno dei Grandi del Fumetto mondiale, da comprare, leggere e godere.

domenica 12 dicembre 2010

Dissertazione logorroica a briglia sciolta sulla crisi del Fumetto per quotidiani


Tempi duri per le rosse!
Dopo la chiusura di LITTLE ORPHAN ANNIE, anche per BRENDA STARR REPORTER è stata annunciata la conclusione (avverrà il 2 gennaio 2011).
Le due autrici (Mary Schmich e June Brigman) avevano espresso l’intenzione di abbandonare la serie e l’agenzia TMS ha, conseguentemente, stabilito che era inutile cercare nuovi artisti e proseguire le avventure della giornalista, ormai presente solo su 3 dozzine di quotidiani.
La Schmich ha asserito: “non credo che il personaggio sia morto. Ma è la striscia a fumetti in questa forma che lo è...”.
Qualcuno, potrà trovare catastrofista questa dichiarazione, ma io penso che sia semplicemente la realtà dei fatti.

Non sono solo Annie e Brenda ad essere dei dinosauri in estinzione: è il giornale quotidiano stesso.

Tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, il giornale quotidiano era il principale mezzo di comunicazione di massa della società americana.
Nei grandi centri urbani, si publicavano diversi quotidiani di gruppi editoriali concorrenti (pensiamo a New York, dove c’erano il World di Pulitzer contro il Journal di Hearst contro l’Herald Tribune di Gordon Bennett Jr. contro il News di Patterson, etc.).
Era stata questa situazione di concorrenza a “creare” l’industria del Fumetto, linguaggio nato come evoluzione della vignetta umoristica (da cui il nome di “Comics”, ovvero di “Comiche”) per attirare acquirenti.
E dopo aver acquisito lettori, il giornale aveva lanciato la striscia a puntate, perché il meccanismo del “continua...” fidelizzava questi lettori, spingendoli a comprare ogni giorno il quotidiano per seguire una vicenda infinita.
E il linguaggio Fumetto si era evoluto ulteriormente, passando dalla breve battuta umoristica a complesse vicende avventurose (anche se non si scrollò di dosso il nome di “Comics”).

Nel corso dei primi decenni del Novecento, il quotidiano aveva resistito con grinta all’ascesa di Radio e Cinematografo, e aveva retto sufficientemente anche alla crisi economica della Grande Depressione, ma la vera grande crisi iniziò nei ’40: la penuria di carta (materiale d’interesse bellico, durante la Seconda Guerra Mondiale) aveva mostrato ai direttori di giornale che il formato delle strisce poteva essere ridotto senza incorrere nelle ire dei lettori (tristissima scoperta di cui si approfitterà smodatamente).

Il colpo di grazia arrivò nei ’50, con l’esplosione della Televisione, che conquistò subito il primato tra i mezzi di comunicazione di massa.

Incompresibilmente, i fumetti sindacati, per contrastare lo stapotere della TV, scelsero una graduale riduzione di formato (per mettere più strisce nello stesso spazio) e l’abbandono della “continuity” (tanto, sul piano narrativo, non si poteva battere la televisione...).
Probabilmente, era una battaglia persa in partenza, ma, secondo me, un diverso tentativo di resistenza sarebbe stato più saggio.

La riduzione dei formati mise gradualmente in crisi quei fumetti che avevano necessità di un disegno più elaborato (soprattutto le strisce avventurose).
Se, negli Anni ’30, una pagina di quotidiano era solitamente sui 40x60 cm, con strisce usualmente larghe 6 colonne (ovvero 30 cm), oggi ci ritroviamo con pagine di quotidiano che non raggiungono neppure i 30 cm di larghezza e strisce larghe solo 3 colonne (praticamente la metà di quelle dell’età aurea).
Ovviamente, in spazi così ridotti, gli autori devono utilizare un disegno assai semplificato e dialoghi molto sintetici.
Questo ha (sia pur lentamente) riportato al predominio delle strisce umoristiche.
Ma anche queste, alla fine, hanno cominciato a soffrire delle ristrettezze.
Addirittura, diverse strisce umoristiche (credo che la prima sia stata FRANK AND ERNEST, nel 1972) sono, praticamente, una singola vignetta, che, per quanto orizzontale, riporta indietro l’evoluzione del Fumetto, nato come sviluppo della vignetta e tornato ad essere vignetta.

Per meglio capirsi, ecco una pagina di quotidiano del 1936 (in giallo), a confronto con una del 1989 (in celeste):


E, per meglio inorridire, ecco due strisce (dalle suddette pagine) sovrapposte, che meglio visualizzano il dramma:


Oggi, i quotidiani non si fanno più concorrenza fra loro (spesso le città americane possiedono un unico quotidiano), ma, non solo devono ancora subire la concorrenza di tutti i suddetti mezzi di comunicazione (Radio, Cinematografo, Televisione), a questi si è aggiunto il più pericoloso di tutti: Internet.
Il più pericoloso perché in grado di fornire in tutto e per tutto il giornale quotidiano, solo su un formato non cartaceo, ma elettronico.

Ma, con Internet, sono apparse le e-comic strips.
E queste, mi hanno fortemente illuso.
Nella mia assoluta ingenuità, avevo pensato che gli autori di strisce giornaliere, liberi dalle ristrettezze di formato, avrebbero approfittato del nuovo mezzo per rilanciare le strisce a continuazione (che poi, magari, sarebbero rimbalzate sui giornali cartacei).
Invece (ahimè), quasi tutte le e-strips viste sono analoghe a quelle odierne dei quotidiani cartacei (gli autori si uniformano al modello presente e nessuno osa diversamente).

L’unico e-comics avventuroso, che mi aveva favorevolmente colpito (un lavoro professionale sia per aspetto, che per regolarità di pubblicazione) era stato JAZZ AGE CHRONICLES, apparso in Rete nel 2002. Era una sorta di tavola settimanale, che Ted Slampyak pubblicò per un paio d’anni, prima di passare a disegnare ANNIE per la TMS.
Altro non ho visto e, se qualcuno sa indicarmi simili lavori (non robetta amatoriale o pubblicata irregolarmente), sarò felice di essere smentito.

Questo mi fa amare ancora di più gli autori di Fumetto sindacato del passato, perché capisco come il loro lavoro fosse decisamente improbo.
Se penso a Milton Caniff, che scriveva e disegnava (sia pure con aiutanti) qualcosa come 36 quadretti di TERRY AND THE PIRATES ogni settimana (!!!), mi rendo conto che, oggi, non sarebbe fattibile: molto meglio, se si è bravi, lavorare sugli albi, meglio pagati e con ritmi molto più rilassati.

Perciò, facciamocene una ragione: l’età aurea del fumetto a striscia è definitivamente conclusa e si tratta solo di aspettarne l’estizione completa.
L’unica seria e ragionevole prospettiva per gli appassionati è operare per la preservazione del patrimonio del passato con le ristampe dei capolavori nei loro anni d’oro (e anche BRENDA STARR REPORTER rivivrà in raccolta nel 2011 per la Hermes Press).

giovedì 2 dicembre 2010

Il piccolo Abner

Mentre la Fantagraphics annuncia il progetto di una ristampa integrale del BARNABY di Crockett Johnson, andiamo a dare un’occhiata a una delle ultime collane dell’altra casa editrice che, nella “guerra delle ristampe”, sembra decisa a tenere un posto di prima linea, la IDW.

Un paio di giorni fa, ho preso in fumetteria il secondo volume della serie di LI’L ABNER.
Per chi si chiedesse il senso di una nuova ristampa dell’opera di Al Capp (considerando che la Fantagraphics l’aveva ristampata anni fa, come, in Italia, sia Scotto che Traini), faccio presente che l’edizione della IDW offre, per la prima volta, anche le tavole settimanali a colori, precedentemente sempre trascurate.

Il volume, un cartonato in fintapelle con sovraimpressioni in argento e sovracopertina plastificata a colori, ha 252 pagine, decentemente stampate su carta opaca pesante, presenta una prefazione del solito Bruce Canwell e o 5 strisce giornaliere (in bianco e nero) o una tavola domenicale (a colori) su ogni pagina. Il formato (verticale) è di cm 24x30 al costo di 50 dollari.

Questo secondo tomo, presenta le annate 1937 e 1938 con la seguente disposizione: prima un anno di giornaliere, poi il corrispettivo anno di domenicali (che seguono fili narrativi autonomi), quindi il secondo anno di giornaliere e, per chiudere, il secondo anno di domenicali.
Purtroppo, nei suoi ultimi libri, la IDW ha smesso di inserire l’indice analitico, che, sarebbe stato d’aiuto per trovare le apparizioni dei vari personaggi del vasto mondo creato da Al Capp (ma è sempre presente la fettuccia segnalibro).

In generale, un libro interessantissimo per poter gustare integralmente (giornaliere e domenicali) l'opera massima del genio di Al Capp.