domenica 12 dicembre 2010

Dissertazione logorroica a briglia sciolta sulla crisi del Fumetto per quotidiani


Tempi duri per le rosse!
Dopo la chiusura di LITTLE ORPHAN ANNIE, anche per BRENDA STARR REPORTER è stata annunciata la conclusione (avverrà il 2 gennaio 2011).
Le due autrici (Mary Schmich e June Brigman) avevano espresso l’intenzione di abbandonare la serie e l’agenzia TMS ha, conseguentemente, stabilito che era inutile cercare nuovi artisti e proseguire le avventure della giornalista, ormai presente solo su 3 dozzine di quotidiani.
La Schmich ha asserito: “non credo che il personaggio sia morto. Ma è la striscia a fumetti in questa forma che lo è...”.
Qualcuno, potrà trovare catastrofista questa dichiarazione, ma io penso che sia semplicemente la realtà dei fatti.

Non sono solo Annie e Brenda ad essere dei dinosauri in estinzione: è il giornale quotidiano stesso.

Tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, il giornale quotidiano era il principale mezzo di comunicazione di massa della società americana.
Nei grandi centri urbani, si publicavano diversi quotidiani di gruppi editoriali concorrenti (pensiamo a New York, dove c’erano il World di Pulitzer contro il Journal di Hearst contro l’Herald Tribune di Gordon Bennett Jr. contro il News di Patterson, etc.).
Era stata questa situazione di concorrenza a “creare” l’industria del Fumetto, linguaggio nato come evoluzione della vignetta umoristica (da cui il nome di “Comics”, ovvero di “Comiche”) per attirare acquirenti.
E dopo aver acquisito lettori, il giornale aveva lanciato la striscia a puntate, perché il meccanismo del “continua...” fidelizzava questi lettori, spingendoli a comprare ogni giorno il quotidiano per seguire una vicenda infinita.
E il linguaggio Fumetto si era evoluto ulteriormente, passando dalla breve battuta umoristica a complesse vicende avventurose (anche se non si scrollò di dosso il nome di “Comics”).

Nel corso dei primi decenni del Novecento, il quotidiano aveva resistito con grinta all’ascesa di Radio e Cinematografo, e aveva retto sufficientemente anche alla crisi economica della Grande Depressione, ma la vera grande crisi iniziò nei ’40: la penuria di carta (materiale d’interesse bellico, durante la Seconda Guerra Mondiale) aveva mostrato ai direttori di giornale che il formato delle strisce poteva essere ridotto senza incorrere nelle ire dei lettori (tristissima scoperta di cui si approfitterà smodatamente).

Il colpo di grazia arrivò nei ’50, con l’esplosione della Televisione, che conquistò subito il primato tra i mezzi di comunicazione di massa.

Incompresibilmente, i fumetti sindacati, per contrastare lo stapotere della TV, scelsero una graduale riduzione di formato (per mettere più strisce nello stesso spazio) e l’abbandono della “continuity” (tanto, sul piano narrativo, non si poteva battere la televisione...).
Probabilmente, era una battaglia persa in partenza, ma, secondo me, un diverso tentativo di resistenza sarebbe stato più saggio.

La riduzione dei formati mise gradualmente in crisi quei fumetti che avevano necessità di un disegno più elaborato (soprattutto le strisce avventurose).
Se, negli Anni ’30, una pagina di quotidiano era solitamente sui 40x60 cm, con strisce usualmente larghe 6 colonne (ovvero 30 cm), oggi ci ritroviamo con pagine di quotidiano che non raggiungono neppure i 30 cm di larghezza e strisce larghe solo 3 colonne (praticamente la metà di quelle dell’età aurea).
Ovviamente, in spazi così ridotti, gli autori devono utilizare un disegno assai semplificato e dialoghi molto sintetici.
Questo ha (sia pur lentamente) riportato al predominio delle strisce umoristiche.
Ma anche queste, alla fine, hanno cominciato a soffrire delle ristrettezze.
Addirittura, diverse strisce umoristiche (credo che la prima sia stata FRANK AND ERNEST, nel 1972) sono, praticamente, una singola vignetta, che, per quanto orizzontale, riporta indietro l’evoluzione del Fumetto, nato come sviluppo della vignetta e tornato ad essere vignetta.

Per meglio capirsi, ecco una pagina di quotidiano del 1936 (in giallo), a confronto con una del 1989 (in celeste):


E, per meglio inorridire, ecco due strisce (dalle suddette pagine) sovrapposte, che meglio visualizzano il dramma:


Oggi, i quotidiani non si fanno più concorrenza fra loro (spesso le città americane possiedono un unico quotidiano), ma, non solo devono ancora subire la concorrenza di tutti i suddetti mezzi di comunicazione (Radio, Cinematografo, Televisione), a questi si è aggiunto il più pericoloso di tutti: Internet.
Il più pericoloso perché in grado di fornire in tutto e per tutto il giornale quotidiano, solo su un formato non cartaceo, ma elettronico.

Ma, con Internet, sono apparse le e-comic strips.
E queste, mi hanno fortemente illuso.
Nella mia assoluta ingenuità, avevo pensato che gli autori di strisce giornaliere, liberi dalle ristrettezze di formato, avrebbero approfittato del nuovo mezzo per rilanciare le strisce a continuazione (che poi, magari, sarebbero rimbalzate sui giornali cartacei).
Invece (ahimè), quasi tutte le e-strips viste sono analoghe a quelle odierne dei quotidiani cartacei (gli autori si uniformano al modello presente e nessuno osa diversamente).

L’unico e-comics avventuroso, che mi aveva favorevolmente colpito (un lavoro professionale sia per aspetto, che per regolarità di pubblicazione) era stato JAZZ AGE CHRONICLES, apparso in Rete nel 2002. Era una sorta di tavola settimanale, che Ted Slampyak pubblicò per un paio d’anni, prima di passare a disegnare ANNIE per la TMS.
Altro non ho visto e, se qualcuno sa indicarmi simili lavori (non robetta amatoriale o pubblicata irregolarmente), sarò felice di essere smentito.

Questo mi fa amare ancora di più gli autori di Fumetto sindacato del passato, perché capisco come il loro lavoro fosse decisamente improbo.
Se penso a Milton Caniff, che scriveva e disegnava (sia pure con aiutanti) qualcosa come 36 quadretti di TERRY AND THE PIRATES ogni settimana (!!!), mi rendo conto che, oggi, non sarebbe fattibile: molto meglio, se si è bravi, lavorare sugli albi, meglio pagati e con ritmi molto più rilassati.

Perciò, facciamocene una ragione: l’età aurea del fumetto a striscia è definitivamente conclusa e si tratta solo di aspettarne l’estizione completa.
L’unica seria e ragionevole prospettiva per gli appassionati è operare per la preservazione del patrimonio del passato con le ristampe dei capolavori nei loro anni d’oro (e anche BRENDA STARR REPORTER rivivrà in raccolta nel 2011 per la Hermes Press).

2 commenti:

Andrea Leggeri ha detto...

Triste il doversi rassegnare, ma come cantava Guccini "ogni storia ha la stessa illusione, sua conclusione". Assolutamente imperativo conservare e divulgare la memoria di ciò che è stato, visto anche che per la storia delle comic strip e del fumetto tutto, sono davvero tantissime le cose da riportare alla luce, ingiustamente dimenticate. Ho letto con piacere The Nebbs sulla rivista dell'Anafi, serie che non conoscevo, solo uno dei tanti esempi di fumetti da noi mai arrivati e che meriterebbero di essere letti...

Donald ha detto...

Beh, l'età d'oro delle strips è finita negli anni Cinquanta del secolo scorso. E' vero che vent'anni dopo c'è stato un ritorno di fiamma, ma ormai sono più di trent'anni che questa Magnifica Arte Sequanziale può considerarsi morta, o tutt'al più (naturalmente mi riferisco solo ai comics "avventurosi") in coma. Resta doveroso il tentativo di mantenerne la memoria, perbacco, e il web, i blog in particolare, ci permettono di far VEDERE questi tesori, oltre che di parlarne senza lo "stacco" della stampa, professionale o fanzinara.
Buon Natale